In Italia le opportunità lavorative e di integrazione per i disabili non sono molte nonostante a livello nazionale vi sia una legge specifica e l’Unione Europea preveda norme molto precise contro le discriminazioni. Da oggi a certificare l’inadempienza del nostro paese c’è anche la sentenza della Corte Europea di Giustizia che ha condannato l’Italia perché “è venuta meno al suo obbligo di recepire correttamente e completamente” le norme contro la discriminazione delle persone con disabilità ed in particolare l’articolo 5 della direttiva 2000/78/CE che stabilisce “un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro.”Alla sentenza della Corte di Giustizia si è arrivati dopo l’avvio nel 2006 di una procedura di infrazione della Commissione nei confronti dell’Italia perché inadempiente sulla corretta applicazione alle Direttive europee. La Commissione nei suoi giudizi sull’Italia hacontestato moltissimi punti della Legge 68/99, le procedure di applicazione della stessa e le norme adottate negli ultimi anni per adeguarsi alla legislazione europea. Pur ammettendo la legge italiana su alcuni aspetti offre “garanzie ed agevolazioni persino superiori” alla direttiva europea, la Commissione sostiene che questa obbliga solo una parte dei datori di lavoro ad assumere lavoratori svantaggiati e di conseguenza esclude una parte dei disabili dalle opportunità lavorative.Anche l’applicazione pratica della legge viene contestata perché l’adozione delle misure previste sarebbe affidata alle “autorità locali o alla conclusione di apposite convenzioni tra queste e i datori di lavoro e non conferirebbe quindi ai disabili diritti invocabili direttamente in giudizio”. In questo caso ad essere contestata è la complessa trafila che vede occuparsi della stessa materia Provincie, Regioni e Direzioni del lavoro senza una effettiva garanzia dei diritti sanciti e una reale possibilità di far varli valere giuridicamente. Praticamente l’Europa fa notare all’Italia che seppure una legge c’è è difficile applicarla e farla rispettare per i troppi passaggi burocratici fra gli enti pubblici.
In definitiva il giudizio della Commissione Europea sulla Legge 68/99 è piuttosto duro perché sostiene che “il sistema italiano di promozione dell’integrazione lavorativa dei disabili è essenzialmente fondato su un insieme di incentivi, agevolazioni e iniziative a carico delle autorità pubbliche e riposa solo in minima parte su obblighi imposti ai datori di lavoro” mentre la normativa europea impone precisi obblighi e non solo incentivi. L’Italia nelle sue repliche, pur ammettendo delle lacune legislative, ha ribadito però che la Legge 68/99 garantisce “soluzioni in favore dei disabili” e che alcune norme europee sono state interpretate in modo troppo restrittivo e in modo “difforme” dal testo. Tali repliche tuttavia non hanno convinto la Corte di Giustizia Europea che ha invece confermato tutti i rilievi mossi dalla Commissione condannando l’Italia per non aver applicato in modo completo per tutti i datori di lavoro l’obbligo di assunzione dei disabili e garantire loro le giuste condizioni di lavoro. L’Italia, inoltre, essendo parte soccombente nel procedimento è stata condannata al pagamento delle spese legali. Di fatto tutti gli argomenti sollevati dalla Commissione e dalla Corte di Giustizia confermano tutti i problemi le inadempienze che l’inchiesta Disoccupabili di Fainotizia ha documentato dando voce ai disabili stessi e che rendono sempre più urgente una nuova legislazione in materia.
(fainotizia.it)
di Giovanni Cupidi